Biomarcatori epigenetici predicono eventi cardiovascolari nel diabete di tipo 2

0
3


Un team di ricercatori internazionali guidato dall’Università di Lund, in Svezia, ha sviluppato un test epigenetico che può predire quali persone con diabete di tipo 2 svilupperanno malattie cardiovascolari. Lo studio, pubblicato su Cell Reports Medicine, rappresenta un significativo passo avanti verso la medicina di precisione nel diabete.

Metodologia e risultati principali

La ricerca ha seguito 752 persone con diagnosi recente di diabete di tipo 2 per oltre sette anni, durante i quali 102 partecipanti hanno sviluppato gravi complicanze cardiovascolari. I ricercatori hanno analizzato la metilazione del DNA nel sangue, identificando oltre 400 siti con alterazioni specifiche.

Il team ha sviluppato uno score di rischio di metilazione (MRS) basato su 87 di questi siti che dimostra prestazioni superiori rispetto ai tradizionali punteggi di rischio clinico. Il test ha mostrato un’area sotto la curva (AUC) di 0,81 per il solo MRS e di 0,84 quando combinato con fattori di rischio clinici, significativamente migliore rispetto agli score SCORE2-Diabetes, UKPDS e Framingham (AUC = 0,54-0,62).

Come spiega Charlotte Ling, docente di Diabteologia sperimentale all’Università di Lund, in Svezia, “studiando i cambiamenti chimici nel genoma dei partecipanti – la cosiddetta metilazione del DNA – volevamo trovare biomarcatori epigenetici che predicono le malattie cardiovascolari. La metilazione del DNA controlla quali geni sono attivi o spenti nelle nostre cellule e, quando non funziona correttamente, può contribuire allo sviluppo di malattie cardiovascolari”.

Il test dimostra un valore predittivo negativo del 95,9%, permettendo di identificare con alta precisione i pazienti a basso rischio di eventi cardiovascolari. Questo rappresenta un vantaggio significativo per la gestione clinica, permettendo di ridurre la frequenza dei controlli per i pazienti a basso rischio e di ottimizzare l’allocazione delle risorse sanitarie.

Meccanismi biologici e validazione

I ricercatori hanno identificato 461 siti di metilazione del DNA associati a eventi macrovascolari futuri, legati a 422 geni coinvolti in processi biologici rilevanti per le malattie cardiovascolari. Molti di questi geni, come ARID3A, GATA5, HDAC4, IRS2 e TMEM51, sono già noti per il loro ruolo nella fisiopatologia cardiovascolare.

La validazione è stata condotta in due coorti prospettiche indipendenti: OPTIMED (21 pazienti) ed EPIC-Potsdam (1.497 partecipanti), confermando la robustezza dei risultati con un AUC di 0,80 nella coorte OPTIMED.

Sonia García-Calzón, ricercatrice dell’Università di Navarra (Spagna) e prima autrice dello studio, sottolinea: “Potevamo dire con una probabilità del 96% se qualcuno non era a rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. Il valore predittivo negativo era quindi molto forte”.

I pazienti con diabete di tipo 2 identificati come ad alto rischio potrebbero ricevere interventi preventivi più intensivi, inclusi cambiamenti dello stile di vita, controllo glicemico ottimizzato e terapie cardioprotettive come gli inibitori SGLT2. Al contrario, i pazienti a basso rischio potrebbero beneficiare di un approccio di cura personalizzato con riduzione degli effetti collaterali legati a terapie non necessarie.

I ricercatori stanno lavorando per sviluppare un kit per uso clinico che permetta di misurare la metilazione del DNA attraverso un semplice prelievo di sangue. Come conclude Charlotte Ling: “L’assistenza sanitaria oggi utilizza variabili cliniche come età, sesso, pressione sanguigna, fumo, colesterolo dannoso, glicemia a lungo termine e funzione renale per stimare il rischio di future malattie cardiovascolari, ma è uno strumento piuttosto grossolano. Se aggiungi la metilazione del DNA, hai una misura molto migliore del rischio futuro”.